Estorsione a Cellole e Baia Domizia: si punta sulle intercettazioni
Prosegue il processo per usura ed estorsione ai danni di commercianti di Cellole e Baia Domizia. Nel corso dell’udienza celebratasi dinanzi alla Terza Sezione Penale del Tribunale di Santa Maria Capua Vetere, il collegio presieduto dal giudice Luciana Crisci ha conferito l’incarico al perito trascrittore per le intercettazioni in lingua sinti.
Il Sostituto Procuratore Iolanda Gaudino ha ritenuto opportuno acquisire le intercettazioni di conversazioni in lingua sinti. Secondo il Pubblico Ministero infatti tali dichiarazioni sarebbero determinanti per dimostrare la responsabilità penale degli imputati.
Estorsione e usura anche a Cellole: i fatti
A finire sul banco degli imputati A. S., 62 anni di Cellole; G. A., 59 anni di Casal di Principe; N.C., 54 anni di Bacoli; M.C., 62 enne di Quarto; R. D. R., 57enne di Castel di Sangro; M.D.R., 39enne di Sulmona.
Gli imputati, secondo la Procura di Santa Maria Capua Vetere avrebbero approfittato dello stato di indigenza delle loro vittime.
I sei avrebbero infatti riscosso da tre commercianti somme ‘prestate’ onnicomprensive di tassi usurari pari al 50% da corrispondere entro un mese, con l’applicazione di una mora da 2mila euro per ogni mese di ritardo.
La riscossione di quanto dovuto era suffragata dalla condotta degli indagati, in particolare da G. A. Secondo gli inquirenti quest’ultimo avrebbe messo in atto le attività di riscossione crediti tipiche dei clan camorristici, minacciando gambizzazioni o incendi dolosi delle attività commerciali.
Gli accertamenti investigativi sono nati a seguito della denuncia sporta da uno degli imprenditori vittima degli imputati, M. D. C. di Cellole. Grazie alla denuncia è stato possibile ricostruire altre condotte estorsive ai danni di due imprenditori locali, G. N. e L. G.
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Minacce per chi non saldava il debito
Secondo quanto evidenziato dagli inquirenti, M.D.C. nei mesi di febbraio e marzo 2016 avrebbe ricevuto la visita di G.A. presso la propria attività commerciale per riscuotere un debito pari a 20mila euro. Se non avesse saldato la somma dovuta sarebbe stato gambizzato ed avrebbe assistito all’incendio della propria attività. Lo stesso G.A., malmenando l’imprenditore M. D. C. già affetto da precarie condizioni di salute, ed in concorso con gli altri due imputati N.C. e M.C. riuscivano a farsi consegnare le chiavi dell’attività da M. D. C. con evidente danno economico per lo stesso. Le stesse minacce, perpetrate facendo leva sulla modalità camorrista del recupero del credito del clan dei Casalesi, sono state rivolte agli imprenditori G. N. e L. G.
Difatti gli imputati A.S., R.D.R. e M.D.R., approfittando dello stato di bisogno di G. N. si facevano promettere e parzialmente restituire interessi di carattere usuraio. I tre imputati, secondo gli inquirenti, hanno agito in concorso: A.S. quale intermediario, R.D.R. e M.D.R. quali finanziatori.
Su un prestito di 2.500 euro venne richiesta la somma di 5mila euro omnicomprensiva degli interessi da versare entro un mese dalla richiesta. Sulla somma di 2mila euro venne richiesta una somma raddoppiata entro un mese. In una occasione A.S. impose a L. G., titolare di un esercizio commerciale di generi alimentari, la tassa di 2mila euro di interessi per ogni mese di ritardo nei pagamenti.
Si tornerà nuovamente in aula a novembre per il deposito delle intercettazioni e l’escussione del perito.