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Quattro buone giornate: una storia di dipendenze

Quattro buone giornate è un film diretto da  Rodrigo García che si basa su una storia vera. Il regista si pone come obbiettivo quello di creare un riadattamento cinematografico di un articolo americano uscito sul Washington Post. “How’s Amanda? A story of truth, lies and an American addiction”, questo il titolo dell’articolo pubblicato nel 2016, scritto da Eli Saslow vincitore del premio Pulitzer .

Quattro buone giornate è uscito nelle sale americane il 30 aprile ed è disponibile sulle piattaforme in streaming dal 21 maggio.  In Italia è possibile guardare Quattro buone giornate su una varietà di diverse piattaforme VOD digitali, tra cui Amazon prime video, Vudu, iTunes e Google Play

L’ennesimo tentativo

Molly da oltre dieci anni fa uso di sostanze stupefacenti di ogni tipo. Non ha concluso gli studi, non ha un lavoro, ed è arrivata a prostituirsi pur di avere una dose. La sua vita è un completo disastro. Tutto è incominciato con un semplice e banale infortunio, per il quale i medici le hanno prescritto degli oppiacei. È così che è incominciata la sua dipendenza.

Certo la sua vita non era una favola già da prima. La madre un bel giorno, quando lei era ancora una ragazzina, scontenta della sua vita, aveva deciso di abbandonare lei il padre e la sorella per ricominciare daccapo.

Ogni giorno Molly si sveglia e promette a se stessa che smetterà, ma dopo un paio di ore ecco che torna a drogarsi. Decide così di cercare rifugio presso sua madre, Deb, proprio quella che li aveva abbandonati.  Deb è restia a farla entrare, non perché sia insensibile verso i confronti della figlia, ma perché quella è l’ennesima volta. Già più volte Molly si era presentata fuori la sua porta chiedendole aiuto e giurando di voler smettere, puntualmente però poi scappava portando con sé gioielli da impegnare per potersi comprare altra droga.

Questa volta però è diverso, almeno così dice Molly. La madre alla fine cede e si recano entrambe in un centro di recupero, per la quattordicesima volta. Il medico le propone un nuovo trattamento, un farmaco che impedirebbe il circolo delle droghe nel sangue, ma per farlo Molly deve restare pulita per quattro giorni.

Solo quattro giorni per una persona normale. Interminabili quattro giorni per una drogata.

Tutte bugie

Quattro buone giornate ci porta nelle crudeli condizioni in cui sono costretti a vivere non solo i soggetti dipendenti da sostanze stupefacenti, ma anche le loro famiglie. Deb non è una madre modello, ma ama sua figlia. La ama con tutta se stessa tanto da mettere tutto il resto da parte. Guarda Molly e cerca ostinatamente di vedere in lei la ragazza che era un tempo, prima di iniziare a drogarsi: la prima della classe, estroversa, in gamba. Quello che resta di lei è un aspetto emaciato, ferite su tutto il corpo, un viso scavato e una bocca senza denti. 

Eppure nonostante le mille bugie, nonostante l’abbia ingannata sempre, Deb crede in sua figlia, forse l’unica che continua a farlo. Il padre, la sorella, il compagno della madre, il suo ex compagno e forse anche i suoi figli giudicano Molly, la vedono come un caso perso, un’emarginata per scelta dalla società. Deb invece diventa quasi ossessiva per colpa sua ma non l’abbandona, non le nega la speranza.

Quattro buone giornate racconta una storia banalmente vera che fingiamo di non conoscere finché non ci tocca, ma è anche un’ incredibile storia d’amore. Niente intrecci sorprendenti, niente personaggi iconici ma il film riesce comunque a tenerci col fiato sospeso, come se anche noi vivessimo le stesse ansie di Deb, come se coltivassimo la stessa cocciuta speranza.

È un film che ci costringe a non girare la faccia rispetto a situazioni che non ci riguardano, ma anzi ci porta dento di queste per farci scoprire quanto in realtà siano vicine a chiunque. In fondo questa storia sarebbe potuta essere anche la nostra.

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